"Il pettirosso prova le sue ali.
Non conosce la via, ma si mette in viaggio verso una primavera di cui ha udito parlare"
Emily Dickinson
Se ascoltiamo i racconti e le preoccupazioni di parenti ed amici rispetto ad un figlio adolescente, ci spunta un sorriso e subito ricordiamo la nostra adolescenza, le preoccupazioni dei nostri genitori, le nostre avventure e disavventure. Ci tornano in mente i primi amori, le prime bugie, le prime angosce nel tentativo di comprendere quale fosse la nostra strada da percorrere.
Se invece il figlio è nostro le cose cambiano radicalmente, il nostro volto non assume le sembianze di un ricordo malinconico ma appare pensieroso e preoccupato.
"Non riconosco più mio figlio", "vorrei tornare a com'era prima", "vorrei saltare questa fase", sono solo alcuni dei pensieri che percorrono la mente di un genitore.
Ebbene si, l'adolescenza è proprio una fase evolutiva di cambiamento che fa pensare ad una vera e propria metamorfosi, di stravolgimento di tutto ciò che è stato fino a quel momento nostro figlio ed il nostro rapporto, come genitori, con lui.
L'adolescenza è quel periodo evolutivo che va dallo sviluppo sessuale all'ingresso nel mondo adulto, attraverso la raggiunta autonomia emotiva-relazionale e sociale dalle proprie figure genitoriali.
L'inizio corrisponde con lo sviluppo sessuale (nelle femmine con il menarca, negli uomini con le prime polluzioni notturne) ed è un inizio biologico ma anche soggettivo.
Il termine di questo periodo corrisponde con lo svincolo, quindi la raggiunta autonomia e l'ingresso nel mondo degli adulti; momento in cui il rapporto con i genitori non è più asimmetrico (il potere nella relazione è sbilanciato a favore dei genitori), ma diviene un rapporto simmetrico (il potere si equivale, non più presenza costante ma sostegno a distanza).
L'adolescenza rappresenta un periodo di passaggio, di transizione in cui il soggetto ha bisogno di differenziarsi dai genitori per trovare la sua identità e per individuarsi.
Un bisogno di distanziarsi dalle figure genitoriali ma, allo stesso tempo, anche un bisogno di sapere che c'è un rifugio accogliente dove potersi riparare e trovare conforto in caso di bisogno.
La porta di questo ragazzo inizia a chiudersi, la sua parte segreta (ciò che io conosco di me ma che non apro all'altro) inizia ad ampliarsi, ma questo non implica l'assenza dei genitori. Per una madre, per un padre può essere doloroso non riconoscere più il figlio, osservare la sua chiusura nei loro confronti, ma tutto questo fa parte della sua crescita evolutiva e del suo iniziare a navigare in mare aperto. Sta ai genitori comprendere che il sui atteggiamento non dipende dal non voler loro più bene, che non è una questione personale.
Per l'adolescente ogni emozione viene vissuta come una tempesta; iniziano i primi amori che vengono vissuti con passione ma anche con dolore. Egli è in grado di passare da uno stato di euforia ad uno stato di sofferenza nel giro di pochissimo tempo, proprio perchè tutto viene vissuto in maniera amplificata ed esponenziale.
Caratteristica di questo periodo è proprio il passaggio repentino dalla richiesta di coccole sul divano al "ti odio" rivolta al genitore. Un bisogno di vicinanza ed un desiderio di distanziarsi allo stesso tempo.
Ricordiamoci che la neocorteccia (definito anche il terzo cervello), la parte che governa le emozioni, si completa non prima dei ventiquattro anni.
In adolescenza le emozioni e le pulsioni esplodono, non hanno filtri, non sono governate.
Sono questi i momenti in cui il ragazzo prova il massimo dell'emozione con il minimo controllo.
Certo è che non conosciamo l'origine di questo sbalzo repentino dell'umore e questo ci destabilizza.
Aumentando la sua parte segreta i genitori iniziano a porsi mille domande: "con chi esce? Fuma? Beve? Devo controllare il suo cellulare? Devo seguirlo?" Aumenta l'ansia e ci si domanda come e se si dovrebbe intervenire.
Prioritario ora per il fanciullo è il rapporto con i pari, il bisogno di essere inserito, accolto, accettato ed appartenere al gruppo.
E' questo il tempo dei legami forti, degli amori indimenticabili, delle grandi passioni e delle grandi amicizie.
Come affrontare l'adolescenza di un figlio?
ASCOLTIAMOCI
Vi racconto l'esperienza con mio figlio.
Egli è sempre stato un bambino tenero, affettuoso, richiedente ed accogliente di affetto, di abbracci, del "ti voglio bene", "anch'io ti voglio bene", "io di più". Gesti e parole presenti in maniera adeguata, nè troppo nè troppo poco, che accompagnavano la nostra quotidianità . Un giorno all'improvviso tutto ciò è scomparso, non più abbracci, non più un dichiararsi affetto, non più vicinanza.
Come professionista ero preparata all'arrivo di questo momento, ma come mamma devo confessare che è stato un fulmine a ciel sereno. La mia testa mi confortava sul fatto che mio figlio stava crescendo correttamente, si stava differenziando da me per trovare la sua identità . Sapevo che se questo non fosse avvenuto, egli non avrebbe iniziato la sua navigazione nel mondo, rimanendo incastrato in un legame troppo chiuso, troppo stretto. Il mio corpo, la mia pancia, il mio cuore stavano invece soffrendo per la difficoltà di accettare questo suo allontanarsi da me, il suo rifiutare i miei abbracci e la sparizione di quelle parole che erano diventate il nostro gioco. Stavo correndo il rischio di trasmettere a mio figlio il mio dolore, attribuendogli la colpa, la responsabilità del mio sentire e, di conseguenza, facendolo sentire in colpa.
Certo è che sono, come tutti voi, un essere umano alle prese con le mie imperfezioni, le mie fragilità .
Non avrei potuto far finta che andasse tutto bene perché il mio corpo, il mio viso mi avrebbero tradito; se così avessi fatto gli avrei trasmesso un messaggio "doppio legame": avrei trasmesso un contenuto opposto all'emozione.
Mi sono aperta a mio figlio esprimendogli la mia fatica ma allo stesso tempo gli ho comunicato la mia sincera serenità e la mia accettazione del suo cammino.
Ascoltiamoci, accogliamo le nostre sensazioni, le nostre emozioni, le nostre fatiche senza giudizio, senza sensi di colpa. Solo ascoltando noi stessi possiamo ascoltare l'altro e fare in modo che le nostre azioni educative siano rispettose di noi e dell'altro.
ESSERCI
Anche se non sappiamo cosa fare, se e come intervenire, anche se a volte ci sentiamo impotenti, lui deve sapere che noi ci siamo. Anche di fronte alla tempesta, come genitori siamo sempre i comandanti, sempre pronti ad accoglierlo.
Come?
TROVARE LA GIUSTA MISURA tra il controllo e l'autonomia
Di fronte a quella porta chiusa cosa facciamo? La sfondiamo? Origliamo? Bussiamo?
Fortunatamente non esiste un protocollo che ci viene in soccorso e che possiamo utilizzare in ogni occasione.
Ogni figlio ha una sua storia personale, un suo vissuto ed un contesto ben preciso, che dobbiamo conoscere e rispettare.
Anche la nostra azione educativa non è supportata da un protocollo, ma necessita di conoscere la persona nella sua unicità ed il contesto in cui è inserita.
Chiediamoci: "fino a quando devo rispettare la porta chiusa? Quando diventa inerzia?"
Diventa inerzia quando non c'è una motivazione alla base, quando non è sostenuta da un'idea. Ad esempio: posso accettare che perda un anno scolastico perché so che questo gli sarà utile per motivarlo.
Ciò che conta è il non cercare la via più breve per giungere ad un risultato apparente.
Controllare il cellulare di nascosto non è mai la strada corretta. La relazione va giocata in un rapporto franco e sincero. Il compito di un genitore è quello di accendere nel ragazzo delle spie; egli deve sapere che se io penso possano esserci dei pericoli, è mio dovere controllarlo. Non basiamo la nostra relazione con loro sulla sorveglianza, ma strutturiamola sulla base del dialogo emotivo.
Non è semplice governare il caos che porta con sè un adolescente, ma è responsabilità dei genitori occuparsene.
Il compito dei genitori è quello di affrontare il conflitto, accettare di essere amato ma anche odiato.
Le azioni educative, specie in questa fase di sviluppo, vanno costantemente ricalibrate, rimisurate; siamo imperfetti quindi sicuramente sbagliamo, ma ciò che conta e rendersene conto e mettersi in gioco per trovare la strategia più adeguata.
Sospendiamo il giudizio e trasmettiamo sempre e comunque il messaggio io sono ok - tu sei ok.
SAPERSI FERMARE
L'adolescenza termina quando si arriva al momento dello svincolo, quando viene lasciato il nido per l'ingresso nel mondo.
Il ruolo genitoriale consiste nel fornire all'adolescente la mappa, gli strumenti per affrontare la navigazione in mare aperto, anche nei momenti di tempesta, per fare in modo ch'egli sappia leggere la vita e sia in grado di prendere delle decisioni anche nei bivi più importanti.
L'obiettivo di un genitore consiste nel giungere al "dopo di sé", per garantire al figlio un ritorno a casa non per bisogno ma per desiderio.
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